Che Ne Sanno I Duemila… Di quello che sta accadendo nel mondo(?) Chiediamoglielo!

Che Ne Sanno I Duemila (?) Se non Glielo Chiediamo?
“Che ne sanno i Duemila” recita un pezzo di Gabry Ponte del 2016 che ha avuto successo paradossalmente proprio tra quei giovani che vengono “accusati” di non poter comprendere la bellezza dell’essere nati negli anni Novanta.

Lo dicono Silvia e I Trentenni anche nell’intervista che abbiamo realizzato noi dell’Occhio con loro prima di Natale “noi diciamo sempre che siamo una generazione di mezzo, ci siamo vissuti tutte le rivoluzioni possibili e immaginabili: quella lavorativa, scolastica, tecnologica e quindi quando è toccato a noi raccogliere dei frutti in realtà la festa era finita. Noi ci siamo laureate nel 2008 quando dalla Lehman Brothers uscivano con i cartoni in mano in piena crisi. Abbiamo voluto però raccontare questa generazione con una speranza, perché noi siamo le prime testimoni del fatto che tutto è possibile”

Lo dice il testo in questo pezzo che i duemila hanno ballato in un paradosso: “serve un ponte generazionale”. E Gabry Ponte, non solo per assonanza lessicale, lo incarna quel ponte: divenuto icona negli anni Novanta con Blue, riconfermatosi come tale nel decennio scorso come Coach ad Amici di Maria De Filippi, per poi spopolare oggi tra i duemila con Che Ne Sanno i Duemila, appunto.

E se tutto è possibile, e lo è stato, per i TrentaQuarantenni di oggi, e se i duemila “che ne sanno”, cosa ne sarà di loro? dei quindiciventenni di oggi?
Di chi ha fatto e farà la maturità o la laurea in Dad. Di chi non ha avuto voce in capitolo in cabina elettorale e che oggi si ritrova a subire i frutti di quanto abbiamo creato noi, negli anni Novanta, presi a piangere una crisi di cui oggi abbiamo invece nostalgia oggi mentre ci districhiamo tra zone gialle, rosse e arancioni, intenti a vedere falcidiata la generazione dei nostri nonni da un virus che solo la follia negazionista può non riconoscere come letale.
Abbiamo strutturato, quando il voto era possibile, solo una classe politica che parla una lingua che non capisce nessuno e abbiamo fatto di ogni tema, in questo paese, una tribuna da stadio.

Abbiamo insultato Ambra e il suo auricolare, per poi svaligiare il botteghino ad ogni suo film d’autore alle soglie del Duemila.

Siamo, metaforicamente, nati mentre i nostri genitori piangevano su un pozzo mentre la prima donna senza pubbliche lacrime mediatiche diveniva bersaglio nazionale. E su quel pozzo di Vermicino vennero spedite le telecamere perché “Guarda direttore, l’unica cosa è che hanno chiamato i vigili del fuoco che sono andati a Vernicino a salvare un bambino che è caduto in un pozzo’. Beh, mi dico, è una bella storia. Un asso nella manica per riportare le cose in positivo. Feci mandare quindi la telecamera mobile”
Quella era l’Italia di Ustica e di Bologna, un’Italia che andava “distratta”. E venne spedita a Vermicino, per una diretta che non è mai finita.
Ecco come sono nati gli anni Novanta, li hanno cominciati ad inaffiare su quel pozzo, come un piantina, poi divenuta la pianta carnivora che ha divorato il futuro dei Duemila, che lo sanno.
La prima donna senza pubbliche lacrime, dicevamo, perché questo fu, nella tragedia, il parafulmine di quella vicenda, che doveva essere distrazione ed è diventata psicodramma tutto italiano. Franca Rampi, mamma di Alfredino, sentiva suo figlio morire e non piangeva e non si disperava pubblicamente. Ed ecco che la pubblica piazza trova il suo bersaglio naturale. Così arriviamo, vivendo in anestesia le stragi di mafia, al prossimo bersaglio naturale. Anno 2002, una villetta di Cogne è il nuovo scenario, il nuovo pozzo e la nuova madre contro cui scagliarci. I Duemila nascevano a guardarci chini sul delitto di Cogne, come noi avevamo visto i nostri chini sul pozzo di Vermicino.
Settimane, mesi, anni a guardare dal buco della serratura quella madre, colpevolisti e innocentisti, sempre come sulle curve di uno stadio. Poco importa e sarebbe dovuto importarci di chi aveva commesso quell’omicidio disumano, avremmo dovuto pensare al futuro dei nostri figli che non erano stati vittime di infanticidio, e invece abbiamo preparato loro un futuro che nessun Recovery Fund potrà restituirgli

Ma la voce, quella non gliel’ha ancora tolta nessuno. E quella voce la vogliamo sentire oggi, mentre il nuovo governo tecnico si sta per formare: Cosa ne pensano, cosa hanno capito, cosa temono.

Abbiamo il dovere di chiedergli cosa pensano. Non di spendere fiumi di inchiostro su una carta stampata che non abbiamo ancora imparato a risparmiare, per raccontare una generazione persa. Perché non ci sono solo minorenni che si vendono alle feste o che vengono vendute su Tik Tok. Ci sono le madri ed i padri che sono responsabili per loro e loro non devono pagare le colpe di qualcuno che si è lasciato distrarre