Phebo

Phebo: La storia del tempo perduto

Phebo: La storia del tempo perduto 

La felicità è già in ciò che abbiamo, siamo ancora in tempo per recuperare antichi valori

Phebo, al secolo Tiziano Finarelli, non è certo un cantautore banale, nel suo stile musicale che unisce diversi generi, e nei testi dei suoi brani, sempre ricchi di poesia. Dopo il successo di Sogna anche tu, che dopo un anno continua a collezionare premi e riconoscimenti, l’artista pescarese è tornato nelle radio con un pezzo destinato a rimanere nelle orecchie e contemporaneamente a fare riflettere: La storia del tempo perduto.

Con questa canzone, finalista alla prossima edizione del Premio Mia Martini, Phebo affronta diversi argomenti, ma in particolare lancia un preciso messaggio: dovremmo tornare a essere più sociali e meno social. Ce ne parla in questa intervista, all’indomani della partecipazione al Festival del Cinema di Roma con il brano dello scorso anno.

La storia del tempo perduto fa trasparire una riflessione profonda che scava dentro l’anima. L’ispirazione ti arriva da un episodio in particolare?

Più che da uno in particolare, direi da un episodio che accade ormai quotidianamente. Girando per le strade di una città come Roma, mi capita di vedere sempre meno gente parlare tra di loro: si comunica perlopiù solo con i telefonini. Sembra che raccontarsi le cose di persona abbia perso di interesse e non ci rendiamo conto che quella esistenza fatta di messaggi scritti è solo superficialità, non è la vita. Diciamo che avevo iniziato a comporre le prime strofe già con un’idea ben precisa e tutto il resto della canzone è emerso da solo, in modo naturale.

Phebo
PHEBO (Foto © Barbara Gallozzi)

È anche un urlo contro i social quindi.

Io non punto il dito contro nessuno, né tanto meno voglio accusare l’uso del virtuale in sè, ma l’abuso che se ne fa ritengo sia dannoso, perché ci allontana da quello che davvero è importante nella vita. Diciamo che siamo passati da una vita sociale a una social, dove molti vantano di avere tanti amici, che in realtà sono solo contatti sconosciuti, con cui manca il calore del contatto umano.

Parli di un tempo perduto. Ma è davvero perso o lo si può recuperare?

Lo possiamo sicuramente recuperare nella sua forma, ma nulla sarà mai come era prima. Il progresso non solo arriva, ma nel frattempo corre, fa cambiare i contesti e invecchia già gli sviluppi che c’erano stati subito prima. Possiamo però riflettere e acquisire nuovamente concetti morali che abbiamo perso. Forse già il fatto di scrivere questa canzone, permettendomi di incontrare il pensiero di altri, testimonia che non tutto è dimenticato.

La felicità è già in ciò che abbiamo, siamo ancora in tempo per recuperare antichi valori

Nel testo lanci un messaggio piuttosto esplicito: la felicità è già in ciò che abbiamo. Qual è il tuo principale motivo di felicità di cui sei già consapevole?

La musica è la mia vita, ciò che mi muove in tutto e intorno a cui ruota la mia esistenza. Con la musica esprimo quel che più mi appartiene: l’amore, i miei valori, certi temi sociali che mi coinvolgono. Ecco, tutto questo io non lo cercherei altrove, ce l’ho già in ciò che faccio artisticamente.

Sembra molto facile a dirsi, eppure rincorriamo sempre qualcosa che non abbiamo, lasciandoci guidare anche dalle invidie…

Siamo sempre lì: ci facciamo prendere da questo mondo virtuale che, da una parte, ci regala possibilità maggiori di movimento e di azione, dall’altra ci vizia. Prima era tutto più lento, meno immediato, ma allo stesso tempo veniva vissuto anche di più. E così oggi diamo tutto per scontato, senza vivere quello che si ha.

Si è sempre alla ricerca di qualcosa, eppure se ci fermiamo e ci guardiamo intorno, ci rendiamo conto che non manca nulla per stare bene

Qual è il segreto per rendersene conto?

Non lasciarsi sfuggire le occasioni che ci capitano. Non bisogna fossilizzarsi in una sola passione, sennò si rischia di perderne di vista altre situazioni da cui potrebbero emergere ulteriori motivi di felicità.

Il videoclip di La storia del tempo perduto è una autentica narrazione.

Credo che un brano debba essere raccontato, oltre che con la musica e le parole, anche con le immagini. Sono un elemento aggiunto che permette alla canzone di essere colonna sonora della storia che si vede nel video. In questo, girato in varie location romane, specie a Fonte Nuova, abbiamo voluto mostrare come la stessa coppia vive in modo completamente diverso negli anni ’90, oggi e nel domani. Ci piaceva accompagnare il pubblico in un viaggio tra passato, presente e futuro, con musica e immagini.

In questa canzone sembra di avvertire più stili musicali che ne compongono uno solo.

Ho voluto portare suoni molto moderni mantenendo la mia identità musicale. Il brano inizia con un racconto, quasi una recitazione cantata, per poi trovare la melodia; invece, nello special, ho inserito suoni e vocalità assolutamente nuove. L’obiettivo, però, era mantenere innanzitutto la mia parte cantautorale che mi faccia riconoscere. E penso di esserci riuscito.

Questo brano appare, in un certo modo, come la prosecuzione tematica di un progetto cominciato l’anno scorso con Sogna anche tu. Quella canzone ancora oggi non smette di regalarti soddisfazioni.

È vero, la più grande è proprio il fatto che sia uscita il 12 novembre 2021 e che continui a riscontrare successo: non era scontato che potesse vivere ancora con questa intensità un anno dopo. In tutto questo periodo è stata premiata in diverse occasioni. È stata premiata come Miglior Brano sociale 2022, ha partecipato anche al Festival del Cinema di Roma con la presenza dei ragazzi della associazione. Siamo riusciti a fare allargare certe vedute con quel brano: abbiamo sicuramente raggiunto un obiettivo.


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