21 anni da una delle stragi familiari più efferate d’Italia. La sera del 21 Febbraio 2001 le reti nazionali trasmettono nelle case degli italiani la sconvolgente notizia del duplice omicidio di Novi Ligure. Novantasette sono le coltellate che la sedicenne Erika De Nardo e il fidanzato diciassettenne Mauro Omar Favaro, infliggono a Susy Cassini e Gianluca De Nardo, madre e fratello della giovane assassina. Ma dopo tutto questo tempo ancora non è chiaro cosa abbia spinto i due ragazzi a compiere un gesto così terribile.
Erika e Omar: la ricostruzione
È il 21 febbraio 2001 quando in una villetta in via Dacatra, Novi Ligure, vengono trovati i corpi martoriati di Susy Cassini e Gianluca De Nardo, madre e figlio di 11 anni. Al loro arrivo i Carabinieri trovano in casa solamente Erika De Nardo, figlia e sorella delle vittime. Inizialmente la ragazza sembra la sopravvissuta a un inspiegabile massacro, proprio come il padre Francesco De Nardo che non era in casa. Erika è sicura di aver visto in faccia gli assassini di sua madre e del fratellino, descrive il loro volto con estrema e inquietante lucidità. Lei stessa disegna diversi identikit dei presunti killer: sarebbero due albanesi che avrebbero tentato una rapina finita nel sangue. Alla Procura di Alessandria però qualcosa non torna. Perché dei rapinatori sarebbero dovuti entrare alle 22.00 in una villetta di un tranquillo quartiere con all’interno una famiglia che sta cenando? E perché non ci sono segni di effrazione? E ancora: perché quell’accanimento sui corpi? I sospetti ricadono quindi proprio sulla giovane De Nardo e ben presto anche su Omar, chiamato in causa a seguito della già accennata deposizione resa dal passante che la sera del delitto l’aveva visto percorrere via Dacatra con i pantaloni insanguinati. Nel pomeriggio del 22 febbraio, i due ragazzi vengono convocati, come persone informate sui fatti, e lasciati soli per qualche ora in una stanza della caserma delle forze dell’ordine in cui sono installate microspie e telecamere nascoste. I due ragazzi crollano, intercettati mentre organizzano le versioni difensive in vista dell’interrogatorio. Il caso è chiuso. Il 14 dicembre 2001 i due vengono condannati dal Tribunale dei Minori di Torino, rispettivamente a 16 anni per Erika De Nardo e 14 anni per Omar Favaro. In seguito, le condanne sono state confermate, prima dalla Corte d’Appello di Torino e poi, in via definitiva, dalla Corte di Cassazione.
De Nardo: una famiglia quasi perfetta
Una famiglia perbene di estrazione medio-borghese, che vive in una graziosa villetta. Marito, moglie e due bellissimi figli, rispettivamente di 16 e 11 anni. Il papà, Francesco De Nardo, è dirigente in una nota industria dolciaria mentre la mamma, Susanna Cassini detta Susy, lavora come impiegata contabile in una ditta. Poi c’è Gianluca, di 11 anni, che frequenta il primo anno di scuola media e nel tempo libero gioca alla pallacanestro. Infine c’è Erika, di 16 anni, in piena crisi adolescenziale che, a dispetto del fratello, dà qualche preoccupazione in più ai genitori. La giovane De Nardo, seppur molto intelligente, non è una studentessa particolarmente diligente. Si iscrive al liceo scientifico ma poi decide di studiare da geometra e passa all’Istituto San Giorgio di Novi Ligure. Mamma Susy e papà Francesco sono sovente in apprensione per la figlia maggiore che pare frequenti amicizie poco raccomandabili. Per questo motivo le impongono regole abbastanza rigide: niente uscite serali né ritardi. Tuttavia può vedere Omar, il suo fidanzato 17enne, con il quale trascorre gran parte della sua giornata. Nonostante l’indole indomita, Erika si adegua alle richieste dei genitori: rincasa prima di cena e prova a impegnarsi a scuola. Tra alti e bassi, nelle dinamiche di una famiglia “apparentemente normale” in cui non mancano conflitti e incomprensioni, tutto sembra andare bene. Fino a quando un tragico lunedì di febbraio non accade l’irreparabile.
Erika e Omar: perché hanno ucciso?
Sono state necessarie delle lunghe perizie psichiatriche per definire almeno i contorni della vicenda. I tre esperti nominati nel corso delle indagini preliminari sono riusciti a restituire una relazione molto articolata, dettagliata e cauta: Erika e Omar, sono due personalità diverse ma complementari, una “coppia perfetta” che si è completamente dissociata dalla realtà per trovare una dimensione tutta sua. Gli imputati non riscontrano alcun tipo di patologia psichiatrica, sono capaci di intendere e di volere. Tuttavia alla De Nardo, viene riconosciuto un disturbo narcisistico della personalità. Favaro presenta invece un disturbo da personalità dipendente per cui è portato a compiacere l’altro e ad anticiparne i desideri. Secondo gli esperti i motivi dietro due omicidi così efferati e allo stesso tempo senza un vero e proprio movente
andavano ricercati nella profondità della loro psiche, una dimensione visionaria nella quale si vedevano come una coppia assoluta e ostacolata dalle regole imposte della famiglia di lei.
Il movente dichiarato è che Erika e Omar compiono la strage mossi da un forte desiderio di libertà e indipendenza e da quell’amore tanto osteggiato dai genitori. Ma secondo Livia Locci, sostituto procuratore che ha coordinato le indagini i motivi più profondi vanno cercati nel rapporto che Erika aveva con i propri genitori e soprattutto con sua madre, c’erano già campanelli d’allarme che non sono stati percepiti. Non c’era una comunicazione autentica o uno scambio di emozioni, tutto avveniva su un piano in prettamente formale.
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