Alessandro Ferrari: il bene genera bene, ma innanzitutto bisogna viverlo
L’imprenditore Alessandro Ferrari è ormai una celebrità nella Brianza, dove ha fondato Ape Social Wear, il primo negozio che diffonde il bene. Avete capito correttamente, c’è un progetto tanto delicato quanto importante che si impegna a professare un messaggio preciso: il bene genera bene. È questo lo slogan principale di Ape Social Wear, l’invenzione con cui Alessandro Ferrari ha dato vita da qualche anno a diverse iniziative ed eventi dove la positività non è più solo una parola astratta. Il bene prende, così, una forma concreta su magliette, felpe, tazze, oggettistica, che raccontano la centralità dell’amore e dell’attenzione verso il prossimo.
Se è possibile fare canzoni e indumenti con messaggi provocatoriamente negativi, travestendo tutti da “finti cattivi”, è altrettanto possibile provocare una reale bontà
Questo deve avere pensato Ferrari nella creazione del suo Ape Social Wear, di cui ci parla in questa intervista.
Come possiamo definire Ape Social Wear?
Ape Social Wear è un progetto che richiede amore e tempo. Cresce grazie a chi davvero ci crede e sa fare di certe frasi un reale monito della propria vita. L’ho visto anche recentemente quando, a dicembre, ho chiesto una mano ad alcuni amici per allestire gli stand all’Artigiano in Fiera. In tanti hanno risposto al mio appello, partecipando alla diffusione di questo messaggio.
Significa fare qualcosa che non è fine a se stesso: parlare del bene fa bene, non ci piove
Non era la vostra prima volta all’Artigiano in Fiera…
Era l’ottava. Dopo il Covid, la gente aveva voglia di uscire e vivere nuovamente momenti di partecipazione. C’era oltre il 50% di presenze in più rispetto all’anno scorso, e ho detto tutto. Avevamo due stand in padiglioni diversi, che ci davano la possibilità di dialogare così sempre con più persone, che arrivavano da tutta Italia. Per me era importantissimo, incontrare gente significa innanzitutto poter comunicare.
Chi è la persona tipo che si avvicina ad Ape Social Wear?
Ci sono indifferentemente adulti, bambini, anziani, di ogni ceto sociale. La differenza la fa quello che stanno cercando. Sono persone che vogliono comunicare qualcosa di importante, proprio come lo si può fare con un tatuaggio o con una canzone o qualunque altra modalità.
All’Artigiano immagino tanta gente arrivare a cercare il regalo, anche senza conoscervi prima….
Certo, ma poi chi si avvicina lo fa perché si sente coinvolto con il cuore e la testa prima di tutto. La gente cerca il prodotto particolare e la frase positiva è qualcosa di estremamente personalizzato. Niente può avvenire per nessuno se non lo si cerca. Ecco, per farsi conoscere e per notare nuove realtà, occorre molto dialogare con il pubblico. Solo così ci si avvicina davvero e per questo amo in particolare gli incontri dal vivo più che non la vendita on line. È bello vedere le facce delle persone che, contente dell’acquisto, ci confortano nell’andare avanti.
Hai mai incontrato qualche scetticismo intorno al progetto?
Sì, capita. D’altra parte lanciamo un messaggio controcorrente, con parole che a volte per qualcuno diventano un po’ troppo forti. Magari qualcuno non crede alla frase “il bene genera bene”, qualcun altro interpreta il materiale riciclato e sostenibile come “usato”.
Bisogna parlare con chi ha voglia di ascoltare, per chiarire tutto questo
Ape Social Wear può essere un modo per vivere Natale anche in altri periodi dell’anno?
Direi di sì. A Natale si vede sempre molta più gente rispetto a tutto l’anno, ma ogni momento ha un messaggio da poter comunicare. Altrimenti vorrebbe dire che sappiamo dialogare solo a dicembre e questo sarebbe molto avvilente. Penso sia significativo fare piccoli regali anche senza porli sotto l’albero: in questo senso si possono vivere certe situazioni durante tutti i dodici mesi.
Hai mai avuto la tentazione di lanciarti anche su altri tipi di frasi, non solo di un messaggio fortemente cristiano?
Pur di vendere, probabilmente qualcuno al nostro posto avrebbe già cambiato la filosofia con cui aveva cominciato. I valori dell’onestà, invece, devono sempre rimanere validi. Noi siamo nati con l’idea di diffondere messaggi positivi ben precisi e continuiamo a farlo, credendo fortemente in quello che comunichiamo. Non bisogna mai vergognarsi di essere quello che si è, perché tutto prende le mosse da lì.
Con voi collaborano anche ragazzi disabili, che hanno vissuto disagi. Insomma quel bene di cui parlate, lo vivete concretamente…
Penso sia importante il modo con cui si lavora oltre che il contenuto che si pubblicizza. Tanti amici hanno visto crescere questo progetto e l’hanno saputo fare apprezzare ad altri: la parola chiave di Ape Social Wear è condivisione. Più social di così…
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